Dove Wally scopre che It’s not easy when you’re big in Jaipur. Sabato mattina ci siamo dati appuntamento alle 8.30 per fare colazione, un’orario fattibile nella nostra testa, impossibile nella realtà dei fatti. Per non essere scortese nei confronti di Wally, riesco a trascinarmi giù per la colazione alle 8.35 mentre lui cerca di non sprofondare completamente in una delle tante poltrone della hall dell’albergo, che tra l’altro è l’unico posto dell’albergo ad avere un tetto altissimo e consono alla funzione. Anche lui ha dormito poco o nulla, per via dei rumori molesti provenienti dal suo stesso stomaco. Facciamo una colazione leggera, ci rimettiamo in auto con Giancarlosh e NoIssue che intanto ci ha raggiunto all’hotel. Se, come me, vi siete chiesti dove dormano gli autisti, sappiate che ogni albergo in India (o almeno, quelli di una certa categoria) ha un accomodamento per permettere agli autisti di dormire e, credo, lavarsi dato che Giancarlosh è più profumato di me.

Alle 9.15 raccogliamo per strada la nostra guida turistica e poco dopo facciamo la prima sosta a Jaipur vecchia, dove c’è il Wind Palace, un palazzo pieno di finestre. Non chiedetemi nulla di storico, non mi ricordo una cippa, andate su wikipedia. Jaipur, come avrete immaginato, ha due parti. Una parte è quella antica, racchiusa da mura, mentre il resto della città si è sviluppata fuori dalle mura e ha permesso di ospitare la popolazione che è cresciuta da 2 mila abitanti a 3.5 milioni di abitanti in circa 500 anni. Nella parte antica tutti i muri sono dipinti di un colore a metà strada tra il mattone e il salmone, da cui deriva il nome di pink city. Ci sono anche muri veramente rosa shocking, ma la maggior parte è quel colore indefinito. In origine era tutto giallo ma poi non so quale re indiano in occasione della visita di non so quale sovrano inglese decise di ridipingere tutto. Il Wind Palace è tipo il retro di un palazzo reale, che si apre su una delle vie principali della città, che va da nord a sud, ed è stato realizzato per permettere ai membri femminili della famiglia reale di godere delle parate che si svolgevano lungo questa larga strada.

Wind Palace, Jaipur

Wind Palace, Jaipur

Ora quello che si può osservare dalle innumerevoli finestrelle del Wind Palace è il solito groviglio di tuk tuk, bici, vacche, auto, autobus, pedoni e i portici antichi (?) che ospitano i negozi di gioielli. La città ha la tipica griglia da accampamento romano, con strade ad angolo retto, edifici per lo più bassi ed è divisa in settori. Il Governo ha vietato di costruire nuovi edifici fuori terra in Jaipur vecchia, ma nel frattempo la città viene sventrata per costruire la metropolitana che va sotto terra e che quindi si può fare.

Usciamo nuovamente da Jaipur e ci dirigiamo verso l’Amber Fort (o Amer Fort). Qui NoIssue fa valere le sue entrature e fa sfoggio della sua influenza, assoldando due militari del TAF per scortarci nella nostra visita al forte. Cos’è il TAF? Trattasi del Tourist Assistance Force, giuro, che ci scorta con le moto fino all’ingresso del forte, così non dobbiamo camminare come la gente comune. Devo dire che il forte è veramente impressionante, molto bello.

Il complesso dell'Amber Fort, da fuori

Il complesso dell’Amber Fort, da fuori

Si sviluppa su diversi piani, con diverse coorti, ognuna con le sua funzione. Si parte da quella che era dedicata alle attività di allenamento dell’esercito, dove ora pascolano in circolo gli elefanti per chi volesse fare un giro in groppa. Si passa poi a diverse zone collegate da scale, quella in cui il re riceveva il pubblico, quella in cui il re riceveva i ministri, la sala degli specchi, la zona in cui il re si riposava, dotata di un intelligentissimo sistema di aerazione: una serie di cascatelle d’acqua artificiali vengono attraversate da flussi d’aria creati da appositi buchi che incanalano il vento proveniente dal deserto. Si giunge infine, attraverso scale e corridoi, alla zona in cui stava l’harem del re, con le sue 12 mogli, ognuna con un pezzo di palazzo, e la zona delle concubine. In alto i balconcini da cui gli eunuchi assicuravano la protezione del mogliame. Il tutto ha 500 anni, non ha subito restauri ed è molto ben conservato. Tutto è realizzato in arenaria e marmo, le decorazioni colorate sono gemme o pietre dure incastonate nel marmo, motivo per cui i colori e le decorazioni si sono conservate fino ai nostri giorni.

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Il clima è bellissimo, 30°C secchi, si sta da dio, il cielo limpido e spazzato da una brezza stranamente fresca, il panorama mozzafiato: dall’alto del forte si vede Jaipur, circondata dalle colline, e il muro di protezione che sorge accanto all’antica città di Amber (o Amer, fate voi). Un giardino dall’intrico di antico tappeto persiano sorge nel mezzo del fiume ai piedi dell’Amber Fort, sparo foto a raffica senza nemmeno fermarmi troppo perché non c’è tempo. Per evitare il mosso spano l’otturatore a f 2.8, anche se c’è piena luce, imposto AI-Focus e stabilizzatore, benché inutile, e scatto in movimento a qualunque cosa sia ferma e vagamente rappresentativa.

Wally intanto combatte con la sua blanda claustrofobia e demofobia, che si intersecano negli stretti corridoi che attraversiamo. Più che stretti sono bassi, e Wally è continuamente costretto a verificare dove passare col capoccione calvo su cui è installato il cappello rosso con visiera dalle 15 di venerdì, mai visto senza.

Finito con l’Amber Fort (o Amer Fort, decidete voi) siamo andati al Jaigarh Fort, poco distante. Ancora, saliamo fino al forte in auto, e visitiamo il luogo dove è conservato il più grande cannone su ruote mai costruito in un determinato periodo temporale.

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Gli Indiani ci tengono tantissimo a primeggiare, quindi per ogni cosa hanno qualche primato da inventarsi, e il fatto che l’Unesco includa alcuni posti nel “world heritage” è per loro motivo di orgoglio oltre ogni limite. E niente, abbiamo visitato anche questo forte che non offre nulla di eccezionale da vedere, a parte il panorama. Una cosa interessante che mi ha spiegato la guida: al centro del forte c’è una enorme vasca coperta, circondata da pozzetti con scale. Questa vasca era la cassaforte: all’interno venivano posti i tesori, poi si inondava tutto. Da fuori sembrava una semplice vasca, e anche volendo era difficile andar dentro con tutta l’acqua e uscire con l’oro senza morire affogati. A meno di non essere un non più giovane Tom Cruise dotato di protesi facciali per gli zigomi. L’altra cosa interessante è che Wally uscendo da uno dei cessi ha sbattuto il cappello contro lo stipite della porta, riportando due segni sulla pelata che tuttora permangono. Ho riso tanto.

Alle 13 circa usciamo dal forte e andiamo a visitare il City Palace, dove sta la famiglia reale. Nel mezzo ci siamo fermati a scattare foto al Water Palace, che è un palazzo costruito nel mezzo di una valle poi inondata per creare un lago artificiale e dare l’effetto di un palazzo galleggiante.Non è consentito accesso al palazzo, da quello che ho capito, ci vanno solo i giardinieri per la manutenzione.

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Ancora, una serie di coorti e palazzi, solita arenaria e solito marmo, solite pietre incastonate per ricavare i motivi colorati, solita retorica da “siamo i più bravi del mondo”. NoIssue non ci ha accompagnato in questo giro, si è fermato a dormire da qualche parte, noi siamo entrati con i biglietti per VIP. Notare che finora non ho cacciato nemmeno un euro… la visita al City Palace me la sarei saltata, ma già che siamo lì… interessante l’armeria (dove non si possono fare foto), interessante l’interno del palazzo nella sala dei ricevimenti (dove non si possono fare foto) interessante il pigiama del re più ciccione dell’india, e probabilmente del mondo (230 kg di uomo). C’è una zona dedicata all’abbigliamento da polo, perché da veri sudditi della perfida Albione, hanno importato anche questo sport (oltre al cricket!), e hanno fatto di tutto per diventarne maestrie e superare anche gli antichi oppressori. Un po’ come Tata che si compra Jaguar… Ci sono anche esposte 2 anfore di argento, che sono tipo le anfore d’argento senza saldature più grandi del mondo, con cui un re di Jaipur in visita in UK si è portato dietro 800 litri di acqua del Gange in giro per l’Europa. FAIL!

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Dopo il City Palace siamo andati a Jantar Mantar, una sorta di osservatorio astronomico pubblico. L’ingresso costa 250 soldi buffi per gli stranieri, ne vale decisamente la pena. A prima vista sembra un parco giochi con labirinti e rampe per skaters, ma in realtà era la massima espressione della cultura matematica e scientifica dell’epoca (1700 e rotti), nonché della maestria architettonica. Ogni costruzione è uno strumento: per vedere dove sono le stelle, per misurare l’ora, per verificare l’altezza del sole e i gradi di rotazione terrestre, per verificare di essere nati sotto il giusto segno zodiacale. Indosso l’armatura d’oro del Sagittario Nerd, e mi immergo in questo mix architettonico di scienza e occultismo, mi lascio entusiasmare dalla precisione raggiunta nelle misurazioni e dalla bellezza di alcune delle strutture. Questo posto è praticamente invisibile da fuori, se non sai che c’è te lo perdi, ed è sbagliato perdersi qualcosa di così meraviglioso!

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Finito qui abbiamo recuperato NoIssue, salutato la guida, e siamo andati a pranzo alle 15 in uno degli alberghi più “in” di Jaipur vecchia, il Jaipur LMB Hotel. Intanto continuava la mia attività di coordinamento per completare la missione secondaria, ma niente, sempre ad un soffio dal completamento senza mai riuscirci. Dopo esserci rifocillati con riso e noodles alle spezie, ci siamo fatti riportare in albergo dove, dopo una rapida doccia, sono caduto in una sorta di coma vigile fino alle 17.30, nonostante il plic ploc dalla doccia e i rumori inquietanti che gli zombie infettati da Narvik-B emettono nello spostarsi da un canale dell’aria condizionata all’altro.

Goccia plic su goccia ploc su goccia plic su goccia ploc minuscole particelle ambrate di melanconia colano dalle grate, lentamente, scorrono, appese a fili fluidi via via più sottili, miele scuro e lucido riflette la penombra, lunghi e lisci capelli seguono i ghirigori dell’aria approdando piano sul mio viso per scoppiare come bolla di sogno. Occazzzoètardi! Tardi per cosa? Per dove? Non lo so, siamo nelle mani di Giancarlosh, letteralmente. NoIssue non c’è, ci raggiunge dopo, ma non abbiamo capito dove. Non importa.

Alle 18 siamo al Birla Mandir, che non è un insulto, ma un tempio tutto in marmo bianco che si affaccia su una delle strade a scorrimento veloce che esce dalla città. Non ho capito a che divinità è dedicato, ma fuori c’è una statua in marmo bianco di una divinità con 4 braccia, potrebbe essere Shiva o chi lo so. Alle spalle del Birla Mandir si erge l’inquietante Moti Doongri Fortress, su una rocca poco alta, circondata da un boschetto sul quale planano diversi pavoni variopinti. Nella stessa zona c’è anche un piccolo tempio per i devoti di Lord Ganesh.

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Giancarlosh mi prende per mano, ci fa togliere scarpe e calzini, si fa un selfie con noi, ci accompagna dentro al tempio dove preghiamo insieme. Cosa non si sa. All’uscita facciamo quattro passi nel quartiere lì attorno, che è dove stanno le residenze di alcuni capitani d’industria, e poi alle 19 ci imbarchiamo sull’auto, caricando NoIssue che intanto ci ha raggiunto. Alle 19.30 NoIssue si ferma in un baracchino bordo strada a prendere delle birre per me e Wally, perché è convinto che n on possiamo resistere più di due giorni senza, quindi raggiungiamo Barbeque Nation per la cena.

Due parole su Barbeque Nation: è un posto con nome americano, arredamento cinese, cibo indiano e arabo. Confusing. Come se non bastasse all’inizio della cena ti portano spiedini a ripetizione, che pongono sul braciere a centro tavola, e tu sei convinto che siano la portata principale, e invece è l’antipasto.  Poi c’è il buffet. Poi muori. Questa cena doveva essere la penultima occasione possibile per completare la mia missione, ma nonostante l’intenso coordinamento telefonico quando sembrava che potessi finalmente farcela tutto è sfumato all’ultimo minuto per intervento di un Visnu incazzato blu. Finita la cena, pieni di spezie e carne, almeno io e Wally, siamo tornati in albergo per l’ennesima notte insonne.

Il plic plic plic plic non basta più. Ci si mette pure la centralina che controlla aria condizionata e luci: ogni 3 minuti si resetta e riaccende tutte le luci e l’aria condizionata a tuono. Alla terza volta stacco con veemenza tutto dal muro, urlo un VAFFANCULO e un PORCO THOR di magnitudo 8 che scuote la struttura da cima a fondo, manda gli zombie delle grate in cantina e zittisce definitivamente il bambino dell’allegra famigliola. E che cazzo, è l’una, voglio dormire!

’nuff said