Immagino che molti di voi avranno già visto il video di Apple in cui si mostrano sequenze del processo produttivo del nuovo MB “unibody”. Datemi del pazzo ma rimango sempre affascinato quando vedo manufatti ricavati “per asportazione di truciolo”, mi viene sempre in mente il celebre sonetto di Michelangelo Buonarroti,

Non ha l’ottimo artista alcun concetto
ch’un marmo solo in sé non circoscriva
col suo soverchio, e solo a quello arriva
la mano ch’obbedisce a l’intelletto

Ma tornando ai MB e ai MBP… cosa implica questo nuovo processo costruttivo?


In questo post dubitavo della possibilità di ottenere un case per laptop interamente ricavato dal pieno. In effetti mi sbagliavo, anche se non del tutto, dato che solo la parte superiore del case è realizzata per asportazione di truciolo, e quindi il case rimane comunque diviso in due semigusci uniti da viti, e non poteva essere altrimenti (o sì? Secondo me sì, vedi iPod Nano 2nd Gen o iPod Mini!).

In effetti il numero di viti necessarie a chiudere i 2 gusci del case è diminuito di molto (ora sono 8, di tre misure diverse…) e anche il numero di parti intere: forse la maggior semplificazione e la riduzione delle parti basta a ripagare Apple della messa in atto di un processo produttivo sicuramente lungo e dispendioso. Nessuno nega che il risultato finale sia prestazionalmente (ed esteticamente) migliore, ma ciò non toglie che secondo me Apple ha ridotto il proprio utile sul singolo computer. Forse però recuperano vendendo a parte l’adattatore Mini DisplayPort – DVI. :@ ‘-_-

Detto ciò, vorrei fare qualche osservazione di carattere pratico. Per cambiare la tastiera del precedente MBP bisognava sì sviare (e quindi poi avvitare) una serie infinita di viti e vitine, ma si rimaneva sempre in “superficie” senza mai dover mettere le mani tra le interiora e le frattaglie del computer. Un’operazione da “day surgery” insomma. Inoltre, una volta smontata la tastiera, rimaneva nel case un vano rettangolare in cui, volendo, inserire una tastiera di nazionalità diversa, senza doversi curare della disposizione dei tasti poiché bastava che al tastiera avesse soltanto il medesimo contorno della precedente. Non solo: in caso di rottura o scolorimento di un solo tasto era sufficiente saccare la “mattonella” corrispondente, senza smontare altro, e sostituirlo. Ciò consente anche di poter cambiare il layout dei tasti a proprio piacere e poi rimappare la tastiera via software senza smontare nulla se non i singoli tastini.

Coi nuovi portatili “unibody” molte cose sono ora impossibili o comunque di difficile attuazione. Innanzitutto per smontare la tastiera bisogna scavare tra gli organi interni del computer: un’operazione a cielo aperto, che vede la rimozione di tutta l’elettronica, strato per strato, fino a giungere alla tastiera. Questo perché il case monoblocco è quello superiore, e quindi per arrivare a quello che c’è in superficie, bisogna partire dal profondo e riemergere. Il numero di viti da svitare è forse inferiore rispetto a prima, ma l’operazione è decisamente molto più delicata e non alla portata di tutti.

Inoltre una volta smontata la tastiera, essa potrà essere sostituita solo da un’altra tastiera con identica disposizione dei tasti, a meno di cambiare il case, poiché, come nel MB e nel MB Air, non vi è più un unico vano per la tastiera, ma vengono ritagliate nel case singole finestrelle per ogni tasto. Questo è sicuramente un ottimo modo per incrementare la rigidezza torsionale dell’intera struttura (e quindi consente di ridurre il peso), ma è anche fonte di complicazioni: innanzitutto Apple deve produrre tante tipologie di case quante sono le tipologie di tastiera (per fortuna la fresa è una macchina flessibile!). E poi toglie la possibilità all’acquirente di installare una tastiera di nazionalità diversa: pensate anche soltanto alla differenza tra il “return” nella tastiera italiana e quello in quella anglosassone. Per fortuna rimane la possibilità “teorica” di sfilare un tastino per volta dalla tastiera. Perché teorica? Perché data l’esigua luce tra tasto e case bisognerà servirsi di bisturi chirurgici per estrarre i tasti senza smontare tutto il resto…

I nuovi MacBook e MacBook Pro unibody hanno quindi sicuramente molti punti di forza rispetto ai precedenti modelli (e sono anche molto più fighi 😀 ) anche senza andare a vedere le specifiche dell’elettronica, ma a costo di una maggior “chiusura” dell’hardware. L’utente meno esperto ora sarà costretto a rivolgersi all’assistenza magari anche per problematiche banali riguardanti problemi ad un singolo tastino della tastiera. Se ci pensate bene, però, tutto ciò è perfettamente in linea con la filosofia Apple! EscludendoApple I e Apple II, dal Macintosh 128K la filosofia è quella del “all in one” che potremmo anche vedere come “tutto chiuso”, la cui massima apoteosi è riscontrabile in iPhone, iPod Touch e MacBook Air. Fanno ovviamente eccezione i MacPro in cui l’ordine interno e la completa e rapida accessibilità sono dei punti di forza.
Il brutto è che questa filosofia è quella predominante anche in molti altri settori.. ad esempio siete sicuri di saper cambiare le lampadine della vostra nuova auto? E se vi si pianta un iniettore?

’nuff said