Uno poi si domanda perché il Jeby di turno si alza e scrive un post come questo, schierandosi decisamente contro un modo di gestire il prodotto decisamente irritante. Perché? Basta leggere certe notizie…

I fatti come li conosco io
Apple presenta il Sifone 3G, e contestualmente attua una controversa nuova politica di controllo sul software installabile sul melafonino: apre l’App Store, l’unica vetrina ufficiale su cui trovare le applicazioni per l’iPhone, controllate una ad una da Apple stessa.
Zio Steve dice che lo fa per il nostro bene, per proteggerci da minacciosi software malevoli, e il fatto che incassi una percentuale sulle vendite* e tassi l’SDK è una cosa del tutto normale.
Secondo altri, invece, si configura una situazione di conflitto di interessi, il classico problema “who watch the watcher”, poiché Apple ha il pieno controllo sull’unico mezzo di distribuzione delle applicazioni iPhone, potendo esercitare così il totale controllo su cosa mettere in vetrina e cosa scartare.
Ma sì dai, che problema c’è? In fondo Steve è uno di noi, un pensatore libero, una voce fuori dal coro… o no?!
Ecco che dopo un paio esclusioni un po’ al limite, si presentano due rifiuti decisamente più pesanti e controversi: lo staff dell’App Store rifiuta prima Podcaster, poiché competeva con iTunes nella distribuzione di Podcast, e ora, come riportato da melablog, respinge pure MailWrangler, un client per GMail con funzioni estese rispetto al Mobile Mail già presente sull’iPhone. In entrambi i casi la motivazione per le esclusioni è stata che i software “duplicano le funzionionalità” di software già esistenti.
Le conclusioni, secondo me
Insomma, una scusa un po’ tirata per le orecchie, che non riesce a nascondere le vere motivazioni che stanno dietro l’esclusione di queste applicazioni.
Al di là del fatto che i software siano utili o meno, appare chiaro che c’è un grave problema, almeno meno morale, riguardo alla gestione dell’App Store e che questo non può essere l’unico mezzo dotato di ampia visibilità per distribuire le applicazioni per iPhone. Ci vuole una piattaforma di scambio libero, in cui l’unica regola a valere è la legge della libera concorrenza, in cui il successo o l’insuccesso di un’applicazione è decretato dagli utenti stessi.Una questo comportamento me lo sarei aspettato da una Microsoft dei tempi d’oro, non certo da Apple, ma ormai è inutile farsi illusioni.
Mi domando: ma dove è finito lo Steve Job che andava a pisciare sui muri dell’IBM? Forse non è mai esistito…

Rincaro la dose
Ma dov’è finito lo sviluppo per l’ambiente Business?? L’iPhone si sta riducendo ad un costoso giochino per bimbominkia pieno di lucine colorate, fiamme che danzano se soffi nel microfono e milioni di altre cagate scintillanti.
Secondo me, quelli di Joy of Tech, non vanno molto lontani dal vero quando cercano di interpretare le motivazioni dietro l’accettazione o il rifiuto di un software sull’App Store:

’nuff said

* come recita Wikipedia:

Developers will get 70% of sales and will not have to pay any distribution costs for their application other than a US$99 fee to use the SDK on the iPhone and upload applications to the store.