Stressssss…
Si può cominciare un post con una parola formata al 70% da “esse”? Penso di sì. Sono troppo stressato. È luglio, è il 14, è da mesi che studio e davanti a me ho la prospettiva di un’estate quasi priva di ferie (2 settimane ad agosto, però, non me le toglie nessuno), vorrei tanto essere altrove a fare altro, e invece mi trovo qui a parlarvi (ancora) di ubuntu. Con mio immenso disappunto ho scoperto che il mio piano per installare linux su un (immaginario, dato che non ce l’ho) hard disk esterno, è andato in fumo prima ancora di essere messo in atto: fare una cosa del genere, ora come ora, è troppo difficile e richiede molto tempo libero da mettere a disposizione. Tempo libero che complessivamente ho, ma sparso in ritagli di pochi minuti: dovrei fare un defrag del mio tempo libero (fossi stato basato su Mac OS X avrei avuto il defrag automatico). Eliminata l’opzione hard disk esterno, rimane l’opzione partizione sull’hard disk interno. E qui sorgono due problemi. Il primo riguarda lo spazio a disposizione: il mio iBook ha un hard disk da (soli) 40GB, che alla prova dei fatti si rivelano essere 37.14, di cui 13 liberi. In 13 GB devo farci stare un secondo sistema operativo con “annessi e connessi”, una partizione di swap (da 512MB, penso) e dello spazio “residuo” per poter continuare ad accumulare dati e lasciare che il sistema lavori correttamente. Mi sembra un pò difficile. Secondo enorme (per me) problema: le partizioni. Dovrei ricavare due partizioni, una per Mac e l’altra per Linux. Ci sono due modi per fare le partizioni: uno ben fatto, l’altro un po’ sporco. Quello sporco dovrebbe consentire, approssimativamente, di fare una partizione mantenendo i dati: il sistema di partizionamento (incluso in ubuntu) riconosce lo spazio disco disponibile, modifica la mappa delle partizioni aggiungendo un’altra partizione nello spazio rimanente. Il fatto che i dati siano “compatti” (su Mac la frammentazione è minima) favorisce questo tipo di processi. Per chi ha usato partition magic su Pc, sa che questa procedura è una roulette russa: è un attimo perdere tutti i dati, compromettendo la mappa delle partizioni o a causa di altri inesplicabili inconvenienti. Bisogna, quindi, preventivare un massiccio backup. Ma allora, tanto vale, seguire il metodo “pulito”: si pialla tutto e si fanno due belle partizioni pulite pulite. L’idea è quella di mettere un clone della mia configurazione Mac, realizzata con Carbon Copy Cloner, sull’hard disk (immaginario) esterno e poi travasare di nuovo tutto sul Mac, ad installazione avvenuta, tramite Assistente Migrazione, e quindi installare Linux sull’altra partizione. Come vedete, anche qui ci vuole una certa continuità di tempo libero a disposizione, cosa che proprio non ho! Perché? Perché la speranza è l’ultima a morire! Mentre ieri credevo di essere stato miseramente bocciato allo scritto di Strutture e Materiali Aerospaziali, oggi leggo di aver preso un insperato (e improbabile) “B”, che mi fa accedere alla prova di teoria e all’orale che si terranno martedì. E dopo martedì? Avrò ben altro a cui pensare, credetemi… ubuntu sarà l’ultimo dei miei pensieri. Sono sicuro che quando finalmente deciderò di installare ubuntu sul Mac, uscirà la nuova versione di ubuntu che renderà semplicissimo il processo descritto sopra. Inoltre sono convinto che a ottobre, scaduta la garanzia dell’iBook (sperando che la legge di Murphy almeno per una volta fallisca) porterò il mio Mac a far sostituire l’hard disk con uno più capiente, e metterò quello interno in un apposito box esterno.

’nuff said

p.s.: nominando la Legge di Murphy, mi è venuto in mente che una volta io e alcuni miei colleghi scrivemmo la “filosofia del fasidio”. Magari un giorno vi posto qualche estratto dalla “filosofia del fastidio”, opportunamente epurato da tutti i possibili riferimenti a persone realmente esistite.

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