flatguy:

Ernesto e Roberta sono due amici che vivono a Gessate. Ernesto è originario di Onna, è nato lì e poi i suoi genitori si sono trasferiti subito a Milano.
La casa della famiglia di Ernesto è andata distrutta durante il terremoto del 6 aprile 2009. I suoi genitori ora si sono costruiti una piccola casa in legno appena fuori ciò che resta del paese.
Oggi siamo andati a trovarli ed Ernesto ci ha condotto in una passeggiata all’interno della zona rossa di Onna. In teoria non dovrebbe essere accessibile ma di fatto non c’è nessun controllo, chiunque può entrare.
Onna non c’è più. Quello che resta sono detriti e macerie degli edifici demoliti definitivamente dopo il terremoto. Oltre alle case che sono rimaste lì semidistrutte. Quello che ho potuto vedere io è una realtà successiva alla demolizione. Ma vedere questi edifici sventrati con le stanze ancora riconoscibili da piccole cose (gli stipetti del bagno aperti con gli oggetti dentro, i ganci per appendere gli strofinacci per la cucina) è qualcosa che non può essere descritto a parole.
Onna ha avuto 40 vittime su una popolazione di 200 abitanti. La cosa la rende, in proporzione, il paese più colpito da quel sisma. Gli abitanti ora vivono in una specie di villaggio di casette basse e colorate, invero carino ed ordinato. Niente a che vedere con le C.A.S.E. di Berlusconi. Ma gli edifici sono provvisori.
Ernesto ci porta a casa di un’amica, Patrizia, una signora molto gentile ed ospitale che ci fa entrare in casa sua. Ci dice che al momento del terremoto, lei stava costruendosi la casa, mancavano solo le porte e le finestre. La casa non ha subito lesioni ma non può abitarci, primo perché è, appunto, in zona rossa. E in secondo luogo, andare ad abitare in un posto pieno di macerie è troppo desolante. Ci dice che nel momento dell’immediata emergenza tutto è andato benissimo, ma dopo due anni nulla s’è mosso. La dignità di queste persone è un’autentica lezione.

Il pomeriggio ho fatto visita a L’Aquila. C’era una fiera del cioccolato ed in Piazza Duomo c’erano molte bancarelle. La gente sembrava allegra, sorridente. Un amico di Ernesto ci dice che in realtà la maggior parte delle persone non è aquilana, viene da fuori.
A L’Aquila non c’è più nessuno. E’ una città fantasma. La zona rossa è off-limits e militarizzata, ma il resto della città è deserta. Qualche esercizio commerciale ha riaperto ma mi chiedo quali possano mai essere i clienti.
A Onna ho fatto fotografie che potessero testimoniare l’accaduto. A L’Aquila non ce l’ho fatta. Sono rimasto nella parte centrale, quella più frequentata, non ho avuto la forza di avvicinarmi al confine con la zona rossa. Non ho fatto nessuna fotografia, ho sempre avuto dentro una sensazione che non riuscivo e non riesco neanche ora a descrivere. Il vuoto.

Sono passati due anni, non è successo nulla. Un’associazione sta cercando disperatamente di raccogliere 50000 firme (55000, mi dice il signore al banchetto, per sicurezza visto mai ci fossero delle contestazioni) per chiedere una legge speciale per la ricostruzione della città. Perché L’Aquila è finita nel milleproroghe. Hanno paura di non farcela, da settembre ne hanno raccolte 35000 e devono arrivare a 50000 entro maggio. La difficoltà principale sta nel fatto che gli aquilani sono dispersi ed è difficile raggiungerli tutti. Contano sulla commemorazione del 6 aprile ma non li ho visti molto ottimisti. L’Aquila è una città meravigliosa, non c’ero mai stato ed ho cercato di immaginarla com’era.

Me ne torno a casa, a Terni, con un senso di pesantezza indescrivibile. Penso a tutto ciò che la tragedia ha causato, cose che vanno oltre la perdita di un caro o di una casa, oltre l’immaginazione. Penso a quando si era terremotati dalle nostre parti, non è niente in confronto a ciò che hanno vissuto in Abruzzo. Non so cosa sia possibile fare concretamente da parte di chi, come me, non ha potere. Ma una cosa posso dirla: visitate L’Aquila, visitate Onna, visitate tutti i luoghi devastati dal terremoto. Parlate con la gente, fatevi raccontare le loro storie. E diffondetele, parlatene, fate sapere a tutti qual è la loro situazione, partecipate e fate partecipare. Non lasciamo sola questa gente.

(Una nota: Bruno Vespa, aquilano, non ha voluto firmare).

Roma – L’Aquila, 1 ora e 20: io ci sto seriamente pensando, come conclusione del week end per il 150esimo. È inutile andare nella Capitale a celebrare, se poi a pochi km c’è uno dei nostri più grandi fallimenti.