ok ok ok. Può succedere a tutti. O almeno a me. Che pensi di aver messo in retro invece sei ancora in drive e rischi di mettere sotto un vecchio boss locale dei dintorni di Baltimora, anche detta “body more” (più cadaveri). Più raro che ti succeda con un’auto lunga quasi sei metri e che il quasi incidentato ti risponda con:
“you fucking asshole, what the hell are you doing!!!”
“sorry, I put the wrong gear”
“ok, but R is for rear not race!”
e fin qui… poi si intromette il compare seduto in auto e dotato di baffo e anellazzo d’oro
“go away from here or I call the 911”
scompariamo nella nuvola di fumo lasciata dai nostri pneumatici, in burn out verso Washinghton, la capa di cazzo di questa terra di eccessi!

Per arrivare a Washinghton D.C. passiamo da Baltimora: la breve visita con portiere blindate basta a spiegarci il perché dell’inquietante soprannome della città. Degrado è dir poco, che bello stanotte dormiremo nei dintorni!

A Whashinghton fa un caldo da far schifo, ok che è mezzogiorno, ma l’umidità è a livello lombardo, se non maggiore. Vabbè, programmiamo il giro sulla cartina e via, si parte. Stavolta però non ci facciamo fregare dalle dimensioni, la città è lununga e larga, si vede bene. Tappa al Campidoglio (da fuori), poi Biblioteca del Congresso.

Per entrare negli edifici bisogna sottoporsi a metal detector e raggi x degli zaini, come in aeroporto. Dentro l’aria condizionata è impostata su “pinguini in pelliccia”, e lo stomaco di qualcuno cede, soprattutto dopo il frugale pasto a base di caffè americano, mela e pistacchi dell’esselunga. Mmmmh, nutriente! Tra l’altro una cassiera ci sgrida perché ci prendiamo troppo tempo per decidere dove sederci, rimanendo troppo a lungo in zona cassa: “You can’t stay here, this is for money, go away!” e che cazzo!

Dopo aver passato tutto quel tempo dentro edifici senza finestre e con clima polare decidiamo di raggiungere il Lincoln Memorial a piedi. Dal Campidoglio bisogna puntare dritti all’enorme fallo di pietra posto all’estremo opposto della città, poi si continua attraverso il monumento ai caduti della seconda guerra mondiale, quindi si costeggia la pozza d’acqua putrida chiamata “reflection pool” e infine si sale la scalinata per giungere al cospetto di quel marpione di Lincoln seduto lì da chissà quanto. Le dimensioni mettono soggezione. Come tutto il resto degli USA, la statua è grande. Però moderatamente grande rispetto alla stazza esagerata di tutto ciò che forma gli Stati Uniti, dalle dimensioni delle auto, a quella delle città, passando dalla larghezza dei numerosi obesi e dall’essiva estensione dell’ego degli idioti locali. Ci abbiamo messo solo 1 ora e un quarto a completare il tragitto.

Dopo aver chiesto consiglio alla statua di Lincoln ci dirigiamo alla casa bianca, passando attraverso il monumento ai caduti del Vietnam. La guerra e le sue vittime fanno da sfondo a tutta la città, e il ricordo di quelle persone che hanno dato la vita è al contempo onorato e ostentato. Cartelli avvisano di non calpestare le aiuole per rispetto di quelli che hanno servito la Patria. Guarda che non c’è bisogno di scomodarli, comunque.

Raggiungiamo la casa bianca, visibile solo da fuori, assomiglia tantissimo alla casa di Willie il Principe di Bel Air… però preferivo tantissimo quella del telefilm. Mh. Vabbè, in marcia verso l’auto, che il parcheggio chiude.

Una volta all’auto decidiamo di dirigerci al cimitero nazionale di Arlington, dove ci aspettano file e file di lapidi bianche. Prima di arrivarci c’è il tempo di un wrong way (contromano) pieno del Penny, che aveva esordito con “sì ma guarda sti deficienti”, eh già… tutti contro mano vero? anche l’autobus che ci viene contro? Inversione a U e si riparte. Riusciamo pure a vedere il Pentagono da fuori.

Il cimitero di Arlington mi mette una tristezza assoluta. Intanto perché è un cimitero. Poi perché le lapidi si estendono a perdita d’occhio, tutte in file ordinatissime, non finiscono più. Ad aggiungere inquietudine il fatto che le lapidi son tutte uguali, bianche e basse, con scritte in identico carattere e nessuna foto. Tante tessere del domino, una in dietro l’altra, tanti numerini incasellati, senza identità. Aggiungete gli spazi vuoti in attesa di mogli e figli, il pullman turistico che fa il giro guidato, i cartelli “No Jogging” (dai, ma c’è veramente bisogno di scriverlo??) e il gioco è fatto. Almeno c’è la tomba di JFK, da lassù si può ammirare tutta Washinghton. Vabbè, tristezza a palate, usciamo per un pelo dal parcheggio a pagamento rimanendo entro la tariffa di un’ora, ci dirigiamo al centro per la serata.

Whashinghton ha una parte tutta uffici, monumenti ai caduti e musei, che è quella che abbiam visitato stamattina, dove secondo me è impossibile viverci per davvero, e poi una parte tutta catene alimentari e negozietti. Lì ci attende Hooters, ma prima ci concediamo una cena sostanziosa, dato che il pranzo è stato dichiarato disperso. Insalatina o burrito? Burrito! E poi frozen yogurt, ora sì che si ragiona. A levarci dalla mente cimiteri e statue di gesso è bastato un cartellone pubblicitario di Avril Lavigne, tutti la immaginiamo alle prese col microfono. Oh, era brava!

Io e Penny decidiamo pure di far finta di fare shopping, purtroppo il cappello che cerchiamo non c’è, o costa troppo, o mi sta largo, forse sono io che ho la testa piccola. Vabbè, basta procrastinare, è ora di Hooters!

Che poi Hooters è un locale normalissimo, niente di che. solo che ti servono delle strafighe allucinanti. La nostra cameriera, Chinaire, ha un culo dotato di parola. La conversazione è piacevole e capisce bene il nostro inglese spicciolo, inoltre parla molto meglio di Chinaire stessa che ha una voce un po’ squillante… ma le si può perdonare tutto.

Allora vai di birra, foto di rito (Pritti, solo perché sono un gentiluomo: questa sera avrei potuto vincere in un colpo solo la scommessa, ma poi che gusto ci sarebbe), io compro pure una t-shirt taglia M, che è la più piccola che c’è, e poi via si va, via si va, si va via, a bordo della nostra Ammiraglia Lisa Chinaire Grey, che ha acquisito un nuovo nome e tante altre storie da raccontare. Oltre ad un odore di maschio muschiato che è una meraviglia.

In definitiva voto 5 e mezzo alla capitale degli USA, voto ampiamente risollevato solo dalla capacità di declamare poesie delle chiappe di Chinaire.

P.S.: noto con dispiacere che ci sono pochi (zero) commenti ai post. Se clickate sulla data messa a sinistra di ogni post accederete all’indirizzo del singolo articolo e, se aspettate un attimo, in fondo allo stesso troverete il modulo per lasciare i commenti!

P.S2: presto arriveranno altre foto!!

‘nuff said