Niente, nei dintorni nemmeno un motel libero. C’è il Lemon Tree Inn a Santa Barbara che qualche stanza ce l’ha, ma chiedono 125 dobloni, lasciamo perdere. Molto meglio puntare verso il nord e l’entroterra, troveremo sicuramente qualcosa! Il Tom tom dice Santa Ynez Inn, proviamo. Quando arriviamo ci troviamo in un paesaggio surreale, sembra una cittadina fantasma. Tranquilla eh, ma con un terribile segreto… giriamo un paio di volte prima di trovare la Santa Ynez Inn, fuori c’è la nebbia assassina e un freddo cane.

La Santa Ynez Inn, che si erge nel mezzo del fottutissimo nulla nebbioso, è un hotel di lusso e ci chiedono 385 $ per fermarci lì. Sì certo, tutti quei soldi per dormire in una cittadina che mi mette i brividi, come no. Per fortuna a qualche miglio c’è un Motel 6. Per arrivarci passiamo attraverso Solvang, simpatica cittadina replica di un paesino danese, con tanto di mulini a vento, ovviamente finti. È tutta addobbata, sembra Natale. Per il resto, solito nulla e nebbia. Chi vuoi che venga a dormire qui?

E invece il Motel 6 è full, hanno solo una stanza, fumatori per giunta. Ok, la prendiamo. 81 fottuti dollari per dormire qui, nell’entroterra californiano, nella stanza fumatori. Ok, va bene, almeno potrò farmi la doccia, connettermi a internet e lavare i panni. Peccato che non c’è la lavanderia. E nemmeno la connessione Wi-Fi. Ma waifainculo! Almeno mi libero dalla sabbia e mi addormento, al calduccio, che fuori fa un freddo autunnale.

Penso di aver fatto bei sogni: la cameriera Jen, la rievocazione di una famosa scena di Ultimo tango a Parigi e la visita all’adult store devono essersi mischiati ben benino. Il freschetto fuori contribuisce a darmi il buon giorno.

Andiamo subito a Solvang, il paese danese, a fare colazione e sfruttare la connessione internet. Il paesino è proprio farlocco, però ci offre tutto ciò di cui abbiamo bisogno, a partire da un’abbondante colazione danese, fatta di: caffè, succo d’arancia, latte, super pasta (intendo quella della pasticceria) e panino con burro, marmellata e formaggio. Alla fine della colazione penso che potrei evitare di mangiare per un paio di giorni, il seguito prova che avevo torto.

Partiamo per Guadalupe, prima tappa della giornata. Fa freschino, ma il cielo è sereno. Ci sono solo quelle nubi minacciose laggiù all’orizzonte, ma sono lontane. Per un po’ facciamo la Freeway 101, per un po’ statale e cittadine varie. Poi capiamo che Guadalupe è proprio lì sotto quelle nubi minacciose di prima. Non so se sono nubi, sembra più un banco di nebbia staccato dal suolo, tanto è uniforme.

Arriviamo alla Rancho Beach, che è una riserva naturale per volatili di tutti i tipi. La particolarità di Guadalupe è che ci sono le dune, uno tormentato mare di sabbia che si incontra con il mare vero, con l’oceano. Io ho la felpa e i calzettoni, non solo fa freddo, ma c’è una brezza che ti taglia la faccia per effetto del vento e della nebbia salina. Se resti troppo a lungo in posti come questi rischi di corroderti.

Il paesaggio è apocalittico, ci siamo praticamente solo noi. Tutto intorno oceano e dune, e la nebbia a delimitare un paesaggio altrimenti sconfinato. È un confinare gentile, quello della nebbia, lascia il posto alla fantasia, al mistero, alla voglia di esplorazione, si fa sfondo bianco per proiettare fantasie e pensieri.

Camminando mi viene in mente che non mi stupirei più di tanto se dietro una duna vedessi spuntare una locanda gestita da quelli che sembrano bambini di 8 o 9 anni, in cui alloggia lo studioso in viaggio per scoprire i confini del mare e l’esile Elisewin, al mare per curare la sua paura bianca. Le citazioni ad Oceano Mare potrebbero continuare all’infinito, vosì come la nostra passeggiata sulla spiaggia, tra gabbiani e cadaveri di alghe.

Queste alghe sono veramente stranissime: partono come sottili filamenti, poi si ingrossano fino a diventare veri e propri tubi che terminano con una sfera sulla cui cima si trovano infine le fogliolone. Immaginate enormi girini con la cresta, ma enormi eh, un paio di metri di lunghezza. Potremmo camminare in questo panorama per miglia e miglia, ma le dune sono un richiamo troppo forte, quindi, ognuno seguendo un personale percorso, ci inerpichiamo sulle colline sabbiose.

In alcuni tratti la sabbia è morbidissima, in altri è dura come pietra. Comincia a fare caldo, forse sarà l’attività fisica. Arrivato in cima ad una collina provo a rotolare giù per un tratto, mi viene da vomitare. Continuiamo ognuno per conto suo, lontanissimi, esploratori solitari di dune mai solcate prima, chissà cosa c’è là dietro! Misteri, tesori, civiltà nascoste, un precipizio, animali selvaggi? Un’altra duna, nemmeno la FIAT, proprio una duna. Ci ricompattiamo su una che sembra avere i fianchi più ripidi e cominciamo a fare i cazzoni.

La colazione danese è velocemente bruciata in un paio di su e giù, soprattutto nelle risalite ripidissime. Comunque ognuno sperimenta il suo stile di discesa: io mi butto tipo volo d’angelo e quando atterro comincio a nuotare a stile, ma con la testa fuori, senza respirazione laterale che qui è un casino!

Dopo un’oretta così – ma potrebbe essere anche un giorno, un anno o 10 minuti, il tempo si è fermato anzi, non esiste più, la nebbia lo ha sconfitto e noi siamo sospesi nello spazio tempo, se non fosse per l’esaurimento fisico potremmo ancora continuare all’infinito – decidiamo che è ora di tornare all’auto. Ancora un tempo indefinito di cammino verso l’auto, è bello camminare col vento contro e in testa solo il suono dell’oceano e dei propri pensieri.

La colazione di stamattina è del tutto esaurita, la guida ci consiglia un posto dove mangiare la bistecca, ci è passato pure mezzo cast di Pirati dei Caraibi. Da fuori sembra la solita baracca, ma dentro è decisamente lussuoso. Cioè, per come gli americani intendono il lusso: le tende alle finestre sono fatte di pelle di vacca grezze. Comunque, ordiniamo da mangiare, sono le 16… è un pranzena, misto tra pranzo e cena. La cameriera costringe anche il Penny a prendere le patatine: “prendo solo l’insalata” “sì ma ci sono le patatine, come le vuoi” “solo insalata” “ma le patatine? fritte o al forno” “no, solo insalata” “devo portarti le patate!” “ma non le mangio” – e cazzo Penny, prendi ste patatine – “ok, fritte”.

Strafoghiamo tutto senza riguardo, il conto è un po’ salato, ma è tutto buono, anche il pane con il burro! Penny raggiunge quota 3 “burrini” e c’è chi ha messo due burrini nella patata… sorvoliamo, anzi, spiaggiamoci. Partiamo per Avila Beach, qualcuno crolla sopraffatto dalla digestione durante il viaggio, ma poi l’aria frizzantina ci dà una bella svegliata. Avila è molto carina, è tutta famigliole al parco che fanno barbeque (BBQ), bancarelle, ci sono i classici pontili con i pilastri in legno che si sporgoni fino a largo e gli studenti in vacanza mezzi ubriachi che fan casino, insomma si sta bene. Se non fosse che fa veramente freddo! Noi ci spiaggiamo fino a quando l’ombra sopraggiunge e inizia fare veramente freddo!

Passeggiatina sul molto, giusto per vedere un po’ d’umanità, poi partiamo presto per la ricerca di un Motel 6. Lo troviamo, vicino e dotato di tutti i servizi, peccato che oggi è venerdì, la tariffa sale: 125 $ per una stanza. Le mie finanze sono agli sgoccioli, la pacchia è finita, è ora di tirare la cinghia…

‘nuff said