Benvenuti cari cittadini di Jeby’s Nation! È da un po’ che non ci sentiamo, i vari impegni della vita e del lavoro mi hanno tenuto lontano da questo blog troppo a lungo.

Nello stesso tempo mi sono accorto che scrivere sempre e solo di tecnologia è noioso e limitante sia per chi legge sia per chi scrive. Ho quindi deciso di fare un uso più “privato” del mio blog…d’altra parte è mio e ci faccio quello che voglio 🙂

Mi sta capitando di viaggiare spesso per lavoro e ho deciso di tenere un diario minimale di questi viaggi. I più fedeli si ricorderanno di una cosa simile nel 2010, quando usai le pagine di questo blog, che all’epoca era un tumblr, per raccontare il mio viaggio in USA di un mese.

Da allora tante cose sono cambiate, tipo che Tumblr è diventato un provider di porno in forma di GIF, probabilmente dedicato a chi ha una connessione lenta o a personalità compulsive, e il mio diario degli USA è stato rimaneggiato più volte e ampliato, fino a raggiungere la forma di un libro, mai pubblicato ma disponibile su dropbox per tutti coloro che ne facessero richiesta. Penso che questo equivalga ad una pubblicazione

Stavolta è diverso però: saranno viaggi brevi, di lavoro, da solo o accompagnato da colleghi. Ad ogni modo cercherò di scrivere qualcosa di interessante ogni giorno, dando magari qualche informazione utile, inutile, sbagliata, divertente o anche no.

Dunque, partiamo dall’inizio. Devo andare a Gurgaon per una settimana, poi si vedrà. Gurgaon è in India, a sud di Delhi. Boh, su Google Maps sembra molto molto vicino a Delhi, ma ho imparato a non fidarmi di questo genere di valutazione. Le immagini parlano di una metropoli che sembra costruita l’altro ieri, con grandi strade e palazzi in vetro-acciaio, questo metallo-non-metallo effetto futuro di una volta. Starò in un bel albergo, ci sarà un autista a portarmi in giro, non si prospetta nulla di avventuroso all’orizzonte. In compenso mi hanno fatto già una capa tanta ricordandomi ad ogni pie’ sospinto che dovrò scontrarmi con:

  • l’odore
  • il traffico
  • la folla
  • gli accattoni
  • l’odore
  • il cibo piccantissimo e speziatissimo (a me piace, al mio colon meno
  • l’odore
  • l’acqua che ti fa venire il cagotto
  • il cagotto
  • l’odore
  • le mucche
  • il cagotto
  • la diarrea

“Non sei mai stato in India?” no “vedrai, è un altro mondo”.

Sprofondato nel sedile 36J di quello pterodattilo-cannibale alimentato a dinosauri morti che è il Boeing 777, mi ritrovo a pensare ad una vacanza al mare nel 2009, in casa gggiù a Reggio, quando un mio collega di PoliMi, di cui ora abbiamo perso le tracce (Cello, dove sei? Rispondi! Siamo preoccupati!), bergamasco DOC e mai stato al sud, mi disse “Cazzo Jeby, dove siamo? è un altro mondo!”. La sua sensibilità di bergamasco era particolarmente urtata dai ferri che spuntavano dai tetti delle case mai finite.

Un altro mondo, vedremo.

Intanto, ieri sera sono riuscito a chiudere la valigia solo all’1 di notte, poi alle 4 sveglia per andare in aeroporto. Troppo pirla, oggi sono in coma. Ma va bene, anzi meglio. Atterrerò a Delhi alle 23.15 ora locale, che in Italia sarebbero tipo le 18.45. Considerando che arriverò in hotel per quelle che in Italia saranno le 21.00, direi che va bene arrivare morto di sonno pronto a svenire nel letto, così mi adatto subito al fuso (che è pochissimo ma fastidioso, per via della mezz’ora, la differenza è infatti di quattro ore e mezza).

Cosa ho fatto fino all’1 di notte? Grazie per averlo chiesto. Niente, sono andato con degli amici all’Upcycle Café (zona Piola, molto carino!) a sentire un concerto di Robin Bacior, chiunque ella sia (però brava, bella e gentile!). Serata molto easy, serata di “com’è piccolo il mondo” e foriera di idee per viaggi e organizzazioni partiti sull’onda dell’entusiasmo. Honda dell’entusiasmo: che il tuo vigoroso quattro in linea da 750 cc con distribuzione a catena centrale possa portarci lontano, l’ontano, l’Ontario e l’otaria!

Serata di tempismo molto sbagliato, o molto giusto, perché nella vita non lo sai mai se quello che hai perso era davvero quello che avresti voluto. La vita, questa simpatica catena di eventi tendenzialmente scorrelati e senza un vero perché, questa indebellata malattia infettiva dalla prognosi nefasta che nella stragrande maggioranza dei casi, una volta diagnosticata, porta ad una morte sicura in tempi e per motivi molto variegati. La vita, questo costante flusso di informazioni di cui non sai che cazzo fartene, che sono troppe e in continuo flusso, come i video dei gattini sull’interweb, e non hai filtri e allora prendi quello che puoi, cercando di bere tutto un fiume con le mani a conchetta che ora che le porti alla bocca hai perso quasi tutto contenuto e bevi aria umida e cellule epiteliali. E niente, una serata tipo guardarti non visto cercarti in ritardo tu tamburelli frenetiche dita qualche battuta per troppi battiti pochi byte per un romanzo di vita non sei convinta mordi le labbra applaudi un po’ dopo sbadigli non ti accorgi t’immergi nel tramonto azzurro di pixel nel domani lontano assorta, peccato domani volo, e tu? un’altra vita, e poi? se avessi avuto cosa dirti ma mi hanno tolto il disco  vedi qui manca un pezzo vediamoci in India oppure mai oppure dai nel ritmo sbagliato di questo tempo che ci siamo appena persi

Come detto, tempismo sbagliato, o anche no. Molte chiacchiere con amici ed un paio di Montenegro dopo sono riuscito a chiudere la valigia. 3 ore di sonno, Linate, quell’infinita passerella che è Parigi CDG e sono pronto per imbarcarmi sul sopracitato 777, l’aereo coi sottotitoli.

In aeroporto ho tempo per vedere un po’ di umanità varia, mi colpisce una famiglia indiana abbastanza numerosa. Le donne mi ricordano certe anziane del sud, quelle che stavano sedute fuori dalla casa che si affacciava direttamente sulla via Nazionale, tutte intente a intessere trame di maglioni e pettegolezzi. I maschi indossano tutti copricapi che io chiamerei turbanti, magari sbagliando, tutti  di forme diverse. Il fratello maggiore aiuta il minore a infilare i capelli della nuca sotto le fasce: per farlo si aiuta con un lungo spillone (o un corto spiedino) d’alluminio, arrotondato, e con gesto rapido e preciso tipo uncinetto rimette tutto a posto. Penso a mia madre che mi pettinava quando ero piccolo. Penso dolore. Penso a quanto tardi ho scoperto il taglio con la macchinetta. Sistemati i capelli, tempo di face time col nonno in India, tutto turbante, barba e capelli crespi e bianchi. Babbo Natale d’Oriente, Tigre di Mompracem in pensione, mi meraviglio sempre di sta cosa che anche se sei nato quando i personal computer non li avevano nemmeno immaginati, puoi comunque proiettare la tua presenza molto molto lontano, con una latenza tutto sommato accettabile.

L’allegra famigliola me la ritrovo seduta tutto intorno sull’aereo, e devo dire che mi è andata di lusso! Nessun russatore, nessun puzzone panzone che sborda dal sedile (nel senso, a parte me), nessuno sgomitatore territoriale che lotta per la conquista del bracciolo, nemmeno la solita vecchia arzilla che non riesce a star seduta per più di 3 secondi nella stessa posizione. Mi sono seduto, come al solito, lato corridoio e sarà che hanno ristretto i corridoi, sarà che stiamo bene e il fondoschiena medio si è allargato, ma 8 ore di culate addosso non sono gradevoli. Cioè, dipende. Ma in generale no. Ovviamente non manca l’esemplare di cucciolo umano, categoria urlatore delle praterie, a 2 file di distanza. Ringrazio quella volta che ho ordinato per sbaglio su Amazon un paio di Beats Studio BT in più e non le ho più restituite: vedi la vita, pensavo di non volerle e invece poi. Consigliate, accatatavill qua! Beats by Dr. Dre Studio Cuffie Over-Ear Wireless, Blu

Pianifico di tenerle su fino all’arrivo. Le ho tolte solo per guardare il video sulla sicurezza a bordo. Ora, c’è questa cosa che siccome le istruzioni di sicurezza a bordo sono trite e ritrite e la gente non le guarda perché ormai si sentono tutti cittadini del mondo e pensano di sapere già tutto, fa niente che poi non ti ricordi cosa hai mangiato ieri e anche senza la  pressione di un disastro aereo imminente non saresti in grado di ricordare nulla di quello che devi fare, allora le Compagnie hanno deciso che, sui voli intercontinentali, le hostess che fanno i vigili urbani per indicare le uscite sono sostituite da video di spiegazioni vagamente divertenti o accattivanti.
Airfrance nel suo video ha puntato tutto su belle ragazze ammiccanti, un po’ scherzoso, stile tipo Mulin Rouge se fosse andato in onda su Bim Bum Bam.

Ovviamente nel rispetto di tutte le diversity c’è una ragazza per ogni parte del mondo o quasi, gli Esquimesi se li dimenticano sempre, e con acconciature tutte diverse, dal caschetto nero al crespissimo esplosivo rosso. Si può anche vedere chiaramente che una è una ragazza madre che ha dovuto lasciare la scuola di legge, una è stata in galera per una brutta storia di contanti trovati nell’auto dell’ex, una è bisex ma non l’ha ancora detto né ai suoi né alla moglie, una è un avvocato di successo che si veste da hostess per soddisfare la sua passione per il crossdressing, una ha problemi con la droga, una col parrucchiere.
Questo fulgido esempio di inclusiveness e danza contemporanea è disponibile a questo indirizzo:

https://www.youtube.com/watch?v=0N3J6fE-0JI

Mi domando se c’è versione con gli steward calvi e bassi, o con le hostess tutte culo e cellulite.

Io personalmente preferisco quelli di Delta Airlines, probabilmente perché sono troppo nerd, eccone uno dei tanti:

https://www.youtube.com/watch?v=kfFHn6DxvEg

E nulla, cosa vuoi fare tutto sto tempo seduto in volo? A parte mangiare il riempitivo chimico che ti propongono? Niente, ho visto Steve Jobs. No, nel senso che ho visto il film Steve Jobs, quello nuovo col Michael Fassbender. Eh, tanta roba. È il primo film su Steve Jobs che mi piace. Voglio dire, gli altri due erano I Pirati della Silicon Valley e Jobs, non era difficile fare meglio. Ma questo Steve Jobs è proprio venuto bene, mi sono anche quasi commosso quando ho visto l’iMac G3, quanto era (è) bello quel computer? Fortunatamente Michael non si è sforzato di voler fare a tutti i costi la camminata autistica tipica di certe interpretazioni. Meno macchietta, meno psicologia forzata, solo l’uomo e la storia romanzata di come ha realizzato il suo sogno, a scapito di altro e nonostante se stesso.

Guardandolo mi sono ricordato perché ho comprato Mac, perché forse ne comprerò ancora, perché non sopporto l’inadeguatezza di iOS. Mi ricordo la prima volta che vidi un iMac G3, verde brillante e con quel mouse concepito da un esperto di torture, meraviglioso! In terza media, dopo anni di cosi grigi con monitor scolpiti nella bachelite, a casa di due compagni di scuola (gemelli) ecco l’illuminazione, un’astronave ovoidale che s’illumina, schiocca e crepita!
O mio dio cos’è questa cosa? Una tele spaziale?
No, è un Mac con aria di sufficienza
Ah…


Cos’è un Mac?
Un Macintosh… È come un PC ma senza Windows, mia madre lo usa perché è giornalista

Mi ci sono voluti 8 anni dopo quell’incontro prima di riuscire a mettere le mani sul mio primo Mac, un iBook G4 del 2006, ultimo della sua stirpe, bianco del bianco della schiuma del mare, che ancora conservo e che ancora parte col suo bong. 8 anni di agonia windowsiana, alternata da anni di esperimenti linuxari, agonia ed esperimenti che tutt’ora continuano, e proprio ora che la mia fede stava vacillando, appare Steve Jobs e mi riporta sulla retta via.

E niente, vi ho ammorbato abbastanza.

IMG_20160201_235322

Playlist per la lettura:

Sound of Silence, Simon & Garfunkel
Gli uccelli, Franco Battiato
Meat is Murder, The Smiths
Wave of Mutilation, Pixies
Varanasi baby, Afterhours
Shelter from Storm, Bob Dylan

’nuff said