Avviso, post confusionario e pieno di errori perché  son stanco, un po’ sfatto e rincoglionito, sto scrivendo al buio e in movimento e poi non ho voglia di rileggere.

Oggi c’era da raggiungere St Luis, porta del grande ovest. Partiam presto stamattina, privi di colazione, alle 9.30 siamo in auto. Prima mini tappa a Springfield, a salutare Homer e famiglia e mangiare l’originale “Corn Dogs”. Sembra infatti che a questa Springfield (Illinois), sulle rive della Route 66 sorga l’originale creatore di questa specialità culinaria.
Quindi via sulla legendaria Route 66, che però ora si chiama I55 e dell’originale rimane ben poco. Pazzesco come anche il nome di questa storica strada mi riporti in qualche modo col pensiero in Italia.

Arriviamo a Springfield dopo un paio di ore alle solite 65 miglia orarie di punta. Ci ricordiamo che oggi è domenica e tutto, tutto, tutto è chiuso. Anche l’orginale creatore dei Conr Dogs!
Maledetto, che la divinità degli affamati autostradali ti faccia sparire nelle viscere della terra. Per colpa del tuo santificare le feste finiamo a mangiare da Taco Bell. Bell, bell… bella merda!
Almeno impariamo come si fa a diventare ciccioni. Io vedo una bimba mixare al distributore tutte le bevande più dolci che ci sono (qui ti danno solo il bicchiere, poi la bevanda te la gestisci tu, refill inclusi) evitatando accuratamente tutte quelle con su scritto “diet”. Andrea invece ordina un menu con abbondante insalata, sperando di mantenersi sano… errore, quel piatto ha più di 900 Calorie…

Delusi dal mega-fail del corndoggaro partiamo per St Luis, però lasciamo la I55 preferendo invece una strada panoramica. Questo ci fa allungare un po’, ma son veramente contento di lasciare l’autostada tutta dritta e finalmente guidare in tratti con un po’ di curve.

Il paesaggio cambia completamente, siamo in mezzo all’america rurale, alla ricerca delle sponde del Mississippi (con 4 s e 2 p), circondati ovunque da sconfinati campi di granturco: oceano di spighe senza fine. Cazzo figata!
Becchiamo anche un sacco di motociclisti con mezzi iperbolici: si va dalla Honda Goldwing con tre ruote e carrellino al seguito, fino al chopper con il manubrio così alto che il motociclista decide che vale la pena farsi i chilometri senza mani, per riposare. Motociclisti diversi ma tutti accomunati dalla voglia di ostentare e dall’assenza totale di casco. Tanto a 65 miglia orarie basta non sorridere ed indossare dei buoni occhiali da sole.

Finalmente arriviamo a costeggiare il fiume, ciccione pure questo, solcato da chiatte di dimensioni ridicole, per quando son grandi! Devo dire che la deviazione panoramica ha spaccato alla grande, sarebbe bello se il viaggio fosse tutto così, tanto il limite di velocità è sempre lo stesso.

Prima tappa di St Luis, lo stabilimento della Buderwiser, che in realtà si chiama Anahuser Bush o qualcosa del genere, perché è stata fondata da un Tedesco, però il nome era impronunciabile allora l’hanno chiamata Buderwiser. Capito? Mitici. Comunque questo è il birrificio più grande del mondo, c’è la visita guidata e birra a fine giro. Tutto gratis, andiamo!

Con cosa può iniziare la visita ad un birrificio se non con dei… cavalli??? Sì, cavalli enormi, che qui hanno più grandi anche quelli, i cui antenati trainavano i carri carichi di bottiglie da vendere ai contadinotti. Noto che tra i visitatori c’è uno con la maglietta della Carlsberg e penso “va sto idiota, sarà italiano!”. Infatti lo era, a fine visita ci fa pure una foto.

Per quel che riguarda la visita guidata, che dire… non ho cpaito una mazza. I tizi preposti ripetevano la cantilena imparata a memoria, senza alcuna inflessione e senza spezzare le parole. Un’uinica parola lunga un discorso, e chi ci ha capito niente?

Quello che posso riportare sicuramente è che la visita consisteva nel passare dall’ambiente esterno caldissimo ad ambienti a 15°, per poi passare nuovamente fuori, quindi aria condizionata, poi stanza della decantazione a temperatura altissima, di nuovo aria condizionata ecc.. Marco ne sta risentendo un po’, ma nulla che non possa esser risolto da una sana dormita.

Alla fine birra e pretzel, Penny si gioca il secondo giro con una Bud Lite al gusto Lime, per sbaglio. Una merda, fredda, liquida e frizzante, ma semore merda. Fa proprio cacare. Due stronzate al negozio di souvenir e poi andiamo a provare un famoso e rinomato gelato del luogo.

Allora, la Lonley Planet dice “non uscite da St Luis senza aver assaggiato questo gelato”. Noi andiamo di vascone, ordiniamo gelato gusto “Frisco” con contorno di pistacchio. Fa cacare, proprio, giuro. Cioè, è molto meglio IceDream in Piazza Costa. Vabbè, andiamo a veder l’arco.

Infatti a St Luis c’è quest’arco enorme, che si affaccia sul fiume. Non si capisce bene il senso, non è un ponte, non sorregge nulla, è solo piazzato lì, con i suoi 192 metri o qualcosa del genere, insomma una misura che viene bene in piedi. Io ho un’interpretazione: inizialmente ci dovevano esser due archi uguali affiancati, tutti verniciati di giallo ma una volta costruito il primo, nemmeno verniciato, McDonald’s ha tolto i finanziamenti. Secondo me è così, perché quell’arco è una mezza M di McDonald’s.

Lasciamo l’auto lì e decidiamo di farci una vascata in centro a piedi, tanto abbiamo un secchio di gelato in corpo e siamo giovani e forti.
Peccato che fa un caldo fottuto con un’umidità da andar in giro con le bombole d’ossigeno, che senti le cicale fare i gargarismi invece che cicaleggiare. E poi, al solito, abbiamo calcolto malissimo le distanze.

Dopo una prima parte semi-abitata, con famigliole quasi tutte di colore che si pucciano nelle fontanone pubbliche, comincia ad arrivare il nulla, come nella storia infinita! Non avevamo capito che tra la parte fluviale con gli edifici pubblici e la zona del centro ci fosse in mezzo la periferia. Che roba strana, come del resto è strano che questa città non abbia la tipica pianta a reticolo perfetto e che sia così zozza.

Dopo aver scarpinato fin troppo, stanchi morti, decidiamo di ritornare sui nostri passi e trovare una metro per tornare all’auto e poi dirigerci in centro con quella. Tanto è domenica, non c’è in giro un fottutissimo cazzo di nessuno!

Alla biglietteria automatica Andrea riceve di resto una moneta da 1 $! Un’apparizione, siamo tutti lì a guardare quel doblone ammirati! Che l’un dollaro di carta è figo, ma solo se hai un portafogli a fisarmonica. La metro ha, ovviamente, l’aria condizionata a tuono, sembra di entrare in una cella frigorifera. Però ha la particolarità di essere una metro che collega due stati, dato che scavalca il Mississippi che segna il confine tra Missouri ed Illinois.

Ci mettiamo in auto, Penny e Andrea si fermano a comprare i caratteristici ravioli tostati, ravioli di carne impanati e fritti, e poi ci dirigiamo in centro per ascoltare del Jazz e ber qualcosa. Peccato che è la fottutissima domenica, è tutto chiuso. Vedi le tradizioni cattoliche a cosa portano, che poi 4 sfigati non riescono a sentire del jazz e bere una birra a St Luis perché c’è qualcuno che ha deciso di santificare le feste. Ma cazzo, niente siam proprio sconsolati. Finiamo la serata nel parcheggio di una “Pharmacy”, ovvero il classico market generalista, e poi so riparte per il motel.

Oggi è andata così, domani speriamo che la Kansas City del Missouri (giuro, è lì che andiamo) ci regali emozioni migliori, con il locali di jazz e la visita guidata alla fabbrica dell’Harley Davidson. Sperem. Intanto la radio ci ricorda che “lesbians stories will be back next week”.

‘nuff said