Mi ricordo un documentario sui The Cranberries, si vedeva una giovanissima Dolores fare un’audizione: dentro una tuta rosa d’acrilico saltava a destra e a manca cantando a squarciagola come una pazza. Un’energia meravigliosa, certamente poi offuscata dai problemi della vita.

A volte, da adolescente, passavo pomeriggi interi a leggere fumetti facendo finta di studiare (o anche senza fare finta) ascoltando per ore e ore “Everybody Else Is Doing It, So Why Can’t We?”, “No Need to Argue” e “To the Faithful Departed” senza soluzione di continuità, senza stancarmi mai.

Avevo uno di quei terribili impianti stereo con il piatto da 3 CD, un AIWA grigio metallizzato da supermercato, di quelli supertamarri con le lucette e la doppia piastra per le cassette.
Mettevo dentro i tre dischi dei Cranberries, mi arrampicavo sul letto a castello con la mia pila di fumetti, schiacciavo play dal telecomando e partiva il loop mentale.

Pomeriggi di fantasia persi in quelle melodie, in quella voce unica.

Quella musica, quella voce, quella malinconia cercata, sono così dentro di me che ancora adesso se ascolto una delle canzoni di quegli album sento il profumo della carta patinata e la piccola vertigine del letto a castello.

Se ci penso è passato quasi un quarto di secolo da quel primo meraviglioso album eppure mi sembra ieri e il disco, a mio parere, non è invecchiato di una virgola.

E sì, è vero, gli ultimi album erano quello che erano, e quando si parte bene è difficile mantenere alta l’asticella, però Dolores, che regalo meraviglioso è stata la tua compagnia.

Grazie per tutti questi anni, e per tutti i prossimi, quando ancora ascolterò Linger, Dreams, I Still Do, Daffodil Lament, Zombie, Salvation, So cold in Ireland e tutte le altre, e mi commuoverò un po’ di più!

Cara Dolores, I will always