Prima di tutto, comunicazione di servizio: il mio cellulare ha deciso di non prender più, ultimo sms ieri mattina ora italiana, poi basta. So che dall’Italia non sembra, ma trovare un modo per comunicare con voi non è semplice: le reti Wireless gratuite si trovano solo dentro i negozi delle catene di fast food, nei motel spesso si pagano e poi, soprattutto, sono lentissime e a volte manca il tempo materiale per connettersi, in 4 con due PC. Io ad esempio scrivo i post in auto, offline, appena c’è l’occasione copio e incollo. Questo spiega anche perché i post sono spesso pieni di errori, a volte non ho tempo/sono morto di sonno per rileggerli, sorry.

Detto ciò, partiamo col resoconto. Quanto dovrei scrivere oggi? Abbastanza per coprire 12 ore di esperienze a Chicago, città che mi ha letteralmente stregato.

Per prima cosa, colazione da campioni. Siamo andati da Lou Mitchell’s, sulla W Jackson. Dopo la tipica coda per sedersi (locale strapieno), ci sediamo e ordiniamo. C’è da dire che nell’attesa ci vengono offerti dei dolcetti fritti ripieni di crema e la visione di una gran gnocca locale, purtroppo vestita un po’ male (ma li vendono ancora i pantaloni a vita altissima??). Io ordino il caffè e una “fluffy jumbo omelette”, in paricolare la Greek Cheese Special. Marco va di Greek Sausage Special, mentre Andrea e Penny scelgono di rimanere su una colazione dolce: waffle con frutta per Penny (anche se poi arrivano dei pancake), French Toast e Waffle per Andrea. La cameriera lo guarda e dice “French Toast AND Waffles?” – “mmh…. Yes!” – “WOW!”

Io ho totalizzato: 1 mega omelette con feta, peperoni verdi, pomodori freschi e cipolla, 4 fette di pane tostato imburrato e 6 o 7 refill di caffè. Cosa puoi fare con tutta quella roba in corpo, una giornata a disposizione e il CityPass? Manca solo il biglietto giornaliero per i mezzi e siamo a bolla!

Il CityPass è un abbonamento che ci dà diritto allo skydeck che abbiam visto ieri e poi 4 musei. Decidiamo di partire con il Museo dell’Industria e della Scienza che è il più lontano e quello che chiude prima. Bene, primo ostacolo: come arrivarci? Prima di capirlo giriamo un’ora per la città a cercare la giusta fermata della metro o quel che è, ma nessuno in città sa aiutarci. Alla fine, nel girovagare giugngiamo al centro informazioni dove ci danno mappa della città, mappa dei mezzi e indicazioni su come raggiungere il museo. Fatto il giornaliero ci fiondiamo sul 6, che ci porta esattamente di fronte al museo.

Devo dire che non mi ha entusiasmato più di tanto: ho trovato più interessante quello che abbiamo a Milano. Certo, qui hanno l’U-55 mentre noi abbiamo il Toti, ma per il resto ho trovato pochi contenuti e fin troppa roba interattiva e simile. Sembra più qualcosa per bambini e bambinoni. Per ora il museo della scienza e della tecnica di Londra resta imbattuto.

Comunque ci perdiamo a girar manopole e schiacciar pulsanti, quando usciamo è veramente tardi, dobbiamo scappare verso l’autobus! Per fortuna c’è un signore di colore che, con estrema pacatezza, ci spiega come raggiungere il 6 per avvicinarci agli altri musei e, addirittura, ci grida da lontano “GOOO! GOOOOO!” quando vede che l’autobus si sta avvicinando alla fermata ma, niente da fare, lo perdiamo.

Ho sottolineato un signore “di colore” perché qui sembrano gli unici calmi, con una pace interiore che infonde tranquillità, in opposizione ai bianchi schizzati pronti a spararti in testa alla minima infrazione. Ad esempio oggi non abbiamo attraversato sulle strisce e un ausiliario del traffico voleva chiamar la polizia “go quickly or I call the cops on you!” urlando come un pazzo. Al millenium park siamo stati ripresi da un guardiano di colore che invece, molto tranquillamente e con estrema pacatezza ci dice “ehi guys, you can’t sit on that wall” – “ok man!”. Oh, così si fa, ci vuol tanto?

Vabbè, fatto sta che usciamo tardi dal museo della scienza e dell’industria, perdiamo l’autobus e quando arriviamo alla fermata per il museo di storia naturale (“Field Museum”) sono le 15.50, termine ultimo per l’ammissione: 16.00. Cazzo corri, corri… CORIIIIIIIII!!
E così corriamo, le mie All Star si sfilacciano sempre più, se sopravviveranno alle vacanze le incornicierò e le appenderò in camera.
Sbagliamo pure ingresso, e la guardiana ci dice “You’ve to run, you’ve only 5 minutes”, ma noi siam già fuori schizzando come i pazzi!

Arriviamo giusto in tempo ma ci accorgiamo con dispiacere che Ezra, la nostra mascotte, è scomparsa dallo zaino di Penny, che si è aperto nella corsa, insieme alla macchinetta fotografica usa e getta. Ci piace pensare che Ezra abbia deciso di sua spontanea volontà di intraprendere il suo viaggio solitario per gli USA, armato di fotografica usa e getta, magari chissà, per tornare dalla sua famiglia…
Lacio drom (buon viaggio) cara Ezra, ci manchi già un sacco, magari ci incontreremo di nuovo sulla route 66 (che abbiamo appena imboccato) o a San Francisco, chissà! Scatta tante foto, mi raccomando!

Al museo di storia naturale c’è Sue, il tirannosauro più grande e meglio conservato del mondo. Me l’aspettavo più grande, però. Comunque questo è un bel museo, a Ezra sarebbe piaciuto un sacco, purtroppo facciamo un giro un po’ veloce, ma esaustivo, perché ci aspetta l’acquario.

All’acquario ci arriviamo alle 17.05, chiude alle 18. Ci chiedono se vogliamo tornare il giorno dopo, ma no, tutto oggi che domani ci aspetta Saint Luis!
L’acquario è molto vasto, c’è veramente di tutto da tutti i climi, è impressionante. Vediamo pure gli squali. Passare dal museo di storia naturale con quegli animali ancestrali impagliati a vederne di ancora più strani vivi e vegeti fa un certo effetto. Dopo gli squali vediamo i beluga, i delfini e le otarie che si lavano le ascelle. Spettacolari! Arriva l’ora di chiuder la baracca e usciamo, per l’osservatorio non c’è più tempo e sulla strada del ritorno non troviamo Ezra…

Sconsolati, ma nemmeno troppo, ci dirigiamo verso il Millenium Park, perché vogliamo vedere il fagiolone d’acciaio di Chicago, anche detto “Cloud Gate”, una struttura a specchio a forma di fagiolo, appunto, in cui si riflette tutta Chicago. Per me, comunque, non è un fagiolo, è un rene. Sì, è il rene di Jeeg robot d’acciaio, che lui ha gentilmente donato alla città.

In quest’area della città ci sono un sacco di sculture, fontane buffe, ponti strani, palchi per concerti e il mega fagiolone. Per arrivarci costeggiamo un altro parco dove si sta svolgendo il Lpolapalooza Fest che a giudicare dalla fauna è il festival della patata semi-biotta. Questa città mi piace sempre di più. Pritti, avrei potuto lanciare la fotocamera con l’autoscatto, fotografare a caso e vincere la scommessa. Peccato che le mie energie vitali erano al minimo, essendo appena iniziata la digestione dell’omelette della mattina.

Al fagiolone facciamo un sacco di foto, perché è veramente figo. Poi le foto allo skyline si sprecano, ogni volta c’è qualcosa di più alto da includere nell’inquadratura, senza però rinunciare allo scorcio di chiappa sdraiata sul prato.

A questo punto siamo già abbastanza cotti, in fondo sono le 19 passate, non mangiamo da stamattina. Però dai, mettiamoci in marcia, prendiamo la metrò e andiamo a vedere dov’è l’unico negozio fisico in cui vendono e producono le t-shirt che tutti mi invidiano. Prendiamo la rossa verso la periferia, scendiamo a Willson. Nel tragitto ascolto un po’ i Tra Allegri Ragazzi Morti, dispensatori di verità assolute: a proposito dei miei piedi “che a camminare, a camminare mi facciano male” (da “Catena”), passando per “Non saremo mai come voi, siamo diversi” perché infatti noi europei, e più in particolare italiani, non saremo mai come gli americani, arrivando a “dimmi che cos’è, dimmi cos’è, che ti fa così bella” (da “Codalunga”) riferita a questa splendida città.

Peccato che il numero civico in corrispondenza della fermata è il 4621, noi dobbiamo andare al 3011. Vascata a piedi attraverso la periferia di Chicago che, se possibile, mi stupisce più di Downtown. Semplicemente: fantastica! Un sacco di vita, tanti localini, negozi di barbiere aperti fino a tarda notte, tanti tanti tanti gay, colori, musica e quant’altro. Dopo una scarpinata arriviamo al negozio, ovviamente è chiuso. Però son contento di sapere che le mie t-shirt vengono da qui, è proprio un bel posto!

Scarpiniamo ancora un po’ per raggiungere un posto dove fanno il “char dog”, anche detto l’hot dog trascinato nell’orto. Non capisco nulla di quello che mi dice la tipa di là dal bancone, ma le dico di mettermi dentro tutto: c’è veramente un orto intero dentro.

Mangiare abbiam mangiato, bevuto pure, Andrea e Penny si puppano una vaschetta di gelato l’uno da mille Calorie, presa al 7-eleven, andiamo verso la linea marrone che poi si riallaccia al famoso “loop”, la ferrovia sopraelevata che corre ad anello attorno agli edifici più importanti del centro, così almeno abbiam visto anche quello.

E poi via, sulla route 66, destinazione: l’ovest!! Da Saint Louis si cambia volume della guida, da “Stati Uniti orientali” a “Stati Uniti occidentali”, il grande e selvaggio West.

Direi che l’est ha chiuso col botto, Chicago è rimasta nei cuori. Io gli ho lasciato giù qualche centimetro di suola e le articolazioni degli arti inferiori, direi che siamo pari!

Che il Tecno-Vichingo sia con voi!

‘nuff said