Milano – nelle mutande
Roma – nelle mutande
Parigi – nelle mutande
Londra – nelle mutande
Chicago – …

Oggi mega tappona a Chicago, ma prima colazione da zingari nel parcheggio del McDonald’s, così scrocchiamo il WiFi senza dover nutrirci di quella robaccia. Visto cosa facciamo per mantenerci in contatto con voi? non è mica facile, il nostro fegato potrebbe risentirne. Comunque ci diamo ai waffles e poi latte coi cereali direttamente nel piatto di polistirolo dei waffle, accampati vicino all’auto. Proprio degli sfollati. Però ho capito che una cosa che mi piace tantissimo è fare colazione ogni giorno in un posto diverso.

Partiamo alla volta di Chicago che son già quasi le undici, il tom tom dice che ci vogliono almeno 3 ore e mezza. Decidiamo di usare la strada a pedaggio, che dovrebbe farci risparmiare un po’ di tempo, circa un’ora e mezza. Infatti è così, facciamo pure un lungo tratto di strada a 70 miglia orarie, non ci sembra vero! Purtroppo il pedaggio è un po’ salato, in totale spendiamo 15 $ o giù di lì. Certo, Milano – Firenze forse ci sarebbe costata di più, ma quello che infastidisce è che arrivati nella zona industriale di Chicago ci fanno pagare il pedaggio prima di salire su un ponte e subito dopo averlo percorso, come se avessimo altra scelta!

Arrivati a Chicago mi parte subito l’embolo: coda. Coda di quelle brutte, come allo svincolo di Cormano, però di più, tanto di più. Nel frattempo Andrea ci legge la guida, sembra che il primo venerdì del mese sia il giorno migliore per capitare a Chicago: concerti, visite guidata e altre cose, di venerdì vanno di più. Finalmente, di solito visitiamo le città sempre nel giorno di chiusura di tuttoBene, troviamo un parcheggio vicino alla spiaggia, che anche qui hanno il mare insipido, e poi partiamo per una vascata verso il centro. Obiettivi dichiarati:

  • la tipica deep dish pizza
  • l’ufficio turistico
  • una biblioteca per internet
  • la terrazza del grattacielo più alto degli stati uniti, la Sears Tower

la prima tappa è la pizza perché abbiamo usato la mia tecnica da tappona autostradale: niente soste, se non per il rifornimento. Ma avevamo il pieno. Fortunatamente abbiamo guadagnato un’ora perché il fuso è cambiato, ma i nostri stomaci non sono d’accordo. Prima però, facciamo in tempo a far conoscenza di un poliziotto della città di Chicago.

Allora, metti che stai camminando per una città a te sconosciuta, ad un certo punto nell’aiuola vicino al marciapied vedi zampettare un coniglio, ti avvicini per vederlo. Dall’edificio a cui appartiene l’aiuola esce un tizio in camicia bianca e pantaloni scuri e dice
“Ehi guys, do you need help?”
voi cosa rispondereste?
“no thanks”
e lui insiste
“no, really, do you need help?”
“mmh.. ok, we are looking for…”
“no, look, i’m a Police Officer, you have to go away!”
“ah, ok”
“go away, this is private property!”
“ok sorry”
“go away!”
e che cazzoooooo!

Vabbè, Chicago è figa, come molte delle sue abitanti. Ha anche la tipica pianta con reticolo di strade perpendicolari, non sono sicuro di poter dire lo stesso delle sue abitanti. Comunque, quasi all’improvviso e senza accorgercene, raggiungiamo Gino’s East dove fanno la tipica “deep dish pizza”, una sorta spesso contenitore farinaceo con dentro un mare di condimento.

Fuori dal locale c’è la coda, quando ci fanno entrare c’è da aspettare ancora e poi, una volta ordinata, la produzione della pizza dura almeno 45 minuti. Inganniamo l’attesa con delle Buffalo Chicken Wings di cui io mangio pure le ossa. Finalmente arriva: intano bisogna dire subito che non è una pizza, ma l’impasto assomiglia più a pane fritto. Solo che la crosta è alta tre centimetri e contiene qualche litro di condimento. Non è pizza ma è buona e nutriente. Ah, è ufficiale che per “Pepperoni” gli americani intendono il salame piccante. Idioti.

La città di Al Capone è compari è spettacolare, ogni due metri ci fermiamo a fotografare qualcosa. Grattacieli, sculture in mezzo alla strada, anche i suonatori ambulanti agli angoli delle strade sono interessanti. Quando arriviamo all’ufficio informazioni turistico è chiuso. Beh dai, andiamo alla biblioteca qui davanti, c’è internet. Niente chiusa pure questa, il venerdì chiude prima. Ottimo. Decidiamo di raggiugnere l’altra biblioteca, che almeno è vicina al grattacielo più alto degli USA e la guida la dà per aperta fino alle 21. Niente, al venerdì chiude prima. E che cazzo. Vabbè, saliamo in cima a ‘sto grattacoso e amen, domani vediamo con più calma.

Solito controllo stile aeroportuale, prendiamo il CityPass per avere accesso a ben 5 attrazioni di Chicago, tra cui appunto lo skydeck dove stiamo per salire e via, in coda per l’ascensore.
In ascensore mi aspettavo un’accelerazione spaventosa, forse ancora gasato dal luna park di ieri, invece no, solo i timpani percepiscono il cambio rapido di quota.

In cima, al 103esimo piano di 110, c’è una terrazza coperta con finestroni in plexiglass antisfondamento, fuori un panorama spettacolare. Ci sono anche delle terrazze sporgenti con il pavimento in plexiglass, per guardare la città sotto i propri piedi.Dopo le montagne russe di ieri, questa è la prova finale che non soffro più di vertigini.

Ormai è l’imbrunire e Chicago con gli altri grattacieli, le luci lontane e il lago immenso si estende sotto i nostri occhi: siamo nel punto più alto di tutta la città e non solo. Questa visione mi riporta per un attimo ad un altro panorama, in una situazione completamente diversa, ma con la stessa sensazione di essere piccolissimi di fronte a tutta quell’umanità scintillante. Chissà cosa staranno facendo, lì, dove c’è quella luce, chissà quanti sono felici, chissà quanti stanno mangiando, lavroano, sono sul cesso, fanno sesso guardano la TV. Davanti a panorami del genere non posso evitare di farmi questo genere di domande alle quali non so ovviamente dar risposte. L’unica cosa che so è che c’è una persona a cui tutto questo piacerebbe un sacco. Una carica di sensazioni molto positive.

Purtroppo è già ora di tornare all’auto, ci aspetta una vascata di un’ora e mezza a piedi. Cerchiamo invano il cartello dell’inizio della mitica Route 66 ma non riusciamo a scovarlo.

Andando al motel, facciamo una piccola deviazione verso il palazzetto dei Chicago Bulls, Penny vuole farsi una foto con la statua di Michael Jordan. Purtroppo è tutto chiuso, ovviamente, è venerdì!

Per stanotte rimaniamo in zona, domani ci toccano quattro musei dentro Chicago, giornata strapiena!

Ah, colgo l’occasione per invitarvi a controllare spesso i due album fotografici che vi ho linkato negli altri post, il mio non l’ho ancora aggiornato, ma Marco carica spesso qualche nuova foto sul suo.

‘nuff said