Sì, la pasta era decisamente buona. Ingredienti italiani, cuoco italiano, persino formaggio da grattuggiare italiano. Stomaco e papille gustative ringraziano. Anche il portafoglio. Dopo cena siamo andati ad un tipico pub locale, dove abbiamo assaggiato una birra rinomata delposto: pessima, al sapor di cocacola alla fragola… mmmmh, buona eh! Per arrivare al locale abbiam fatto un paio di minuti di auto in configurazione pieno carico, con sei passeggeri. Sì perché la nostra Ammiraglia Lisa Chinaire Gray può portare sei passeggeri veri, tre davanti e tre dietro. Io alla guida, accanto a me Eva, la coinquilina del Farsi, e poi Penny. Purtroppo Eva ha impartito una lezione di Vuvuzela a Penny, che ora la sa suonare con immenso fastidio a potenze sonore maggiori.

Oltre alla birra pessima, al pub abbiamo sperimentato anche quanto pessimo possa essere il nostro inglese. Tra Turchi, Tedeschi e Greci siam quelli che lo parlano peggio, la birra ci slega un po’, ma nemmeno tanto. Però quel tanto che basta da traumatizzare Eva che immagino volesse fuggire quando l’argomento di conversazione è diventato l’enorme pene magico di Rasputin.

Dopo il pub abbiam fatto un giro a Cornell, provando una delle 161 cose da fare lì: oltre a fare sesso tra gli scaffali della biblioteca (citazione su Friends), c’è anche quella di tirare sassolini sulle pietre del vicolo a lato della biblioteca, che suonano tutte in modo diverso quando colpite. Ficoooo. C’è anche un coniglio. E degli scogliattoli. E una puzzola. E di fronte a casa i cervi. Giuro, è così, un po’ Disney. Infatti Cornell è bella, ma ha quell’aria di posto un po’ “finto”, già vista a Yale, come fosse un mondo a parte. In fondo qui funziona tutto così, a grandi distretti: qui zona università, là centri commerciali, qui benzinai e fastfood, là periferia estrema.

La mia notte insonne trascorre tra gli scricchiolii del divano (che però era comodo), l’acquazzone e le cicale. Tutto ciò si è mischiato nel dormiveglia: tra i fumi della birra, l’insonnia e i pensieri delle cose rimaste in sospeso in Italia, mi son sentito anch’io sono un po’ sospeso, in una bolla spazio-temporale, perso ai confini dell’estate. Come dico sempre, mai fermarsi nel frinire di cicale. A proposito, lo sapevate che le cicale se cicaleggiano a frequenze vicine a quelle di risonanza del loro corpo possono esplodere? Non lo sapevate? Sapevatelo!

Volendo essere alle cascate del Niagara ad un orario decente decidiamo di partire presto, molto presto. Tanto non stavo dormendo. Alle 5 e qualcosa siamo già allo State Diner più vicino, una sorta di locanda tipica, con la cameriera che ti riempie la tazza del caffè quando è vuota. Caffè che, tra l’altro, è gratis: se non si trattasse dell’orrido caffè americano sarebbe un paradiso per me.

4 pancake, sciroppo come se piovesse, 2 uova e 3 refill di caffè dopo siamo già in viaggio. Io cedo il posto a Penny, mi piazzo dietro con la mascherina rubata in aereo, iPod e via, recupero la notte in bianco. Mi sveglio solo quando un muro d’acqua ci investe, un’acquazzone passeggero… poi buio fino alle cascate.

Pensavo che queste mi deludessero, invece no, le cascate del Niagara son fighe davvero. Il Farsi ci ha detto che dovrebbero risvegliare la virilità, per quello le coppie appena sposate ci vanno in luna di miele. Per me, invece, hanno effetto diuretico e più che sposi novelli vediamo in giro numerosissime famiglie apparteneti a confessioni religiose estreme, tutti vestiti con abiti caratteristici, barbe lunghe, basette strane, papaline e così via. Appena arrivati, fermandoci in un negozio di souvenir (principalmente per usare il bagno, ma Penny ha anche comprato qualcosa) riusciamo a rimediare uno sconto sulle tasse perché il proprietario è di origini italiane, “my family is from Pescara”, Pescara pronunciato con tutte le vocali aperte e praticamente senza la R.

Dopo un giretto alle cascate, con foto di rito e spruzzi d’acqua in faccia, ci fermiamo ad un altro negozio e compriamo la mascotte del viaggio, che d’ora in poi ci accompagnerà in tutte le trasferte e comparirà spesso nelle foto: è un lemure che abbiamo chiamato Ezra.
Non essendo in grado di stabilirne il sesso, decidiamo che è ezrafrodita. Lo battezzo io stesso, in RayBan e mascherina per dormire a mo’ di copricapo cerimoniale, sollevandolo di fronte alle cascate mentre Penny intona gli inni sacri con la vuvuzela. Chissà perché ci guardan tutti strano, vabbé, tanto è già ora di partire verso Cedar Point, dove provare le montagne russe più toste del mondo! Tanto è un viaggio di sole 4 ore…

Il viaggio di sole 4 ore diventa di almeno 5 causa pausa pranzo prolungata e coda in tangenziale nei pressi di Cleveland. Stavolta abbiamo scelto di fare una strada a pedaggio (3 dollari e qualcosa) sperando di poter toccare finalmente le tanto agognate 90 miglia orarie, o almeno le 70! Niente, mi fisso a 65 (68 con la tolleranza) mph, col suono della Vuvuzela nelle orecchie (Eva, non ti odieremo mai abbastanza per aver insegnato a Penny come suonarla nel modo giusto) e alle 19.30 circa ci troviamo di fronte ad una delle mete più importanti del viaggio: il luna park di Cedar Point.

Questo tempio metallico del divertimento adrenalinico si erge all’estremità di una lingua di terra che si tuffa nel lago Erie. Dico “lago”, ma immaginatevi un mare, con spiaggia e tutto il resto, anche l’estensione a perdita d’occhio tipica di quelle coste che davanti non hanno la Sicilia. Insomma, un mare fatto e finito, solo insipido.

Per fortuna il Luna Park è aperto fino alle 22, abbiamo il tempo per far le giostre pià interessanti, ma soprattutto il Top Thrill Dragster, tappa fondamentale. Dire che ci è salita la scimmia è dir poco! La tizia dei biglietti all’entrata mi fa pure i complimenti per la t-shirt, si parte alla grande!

Partiamo subito con il Wicked Twist, giusto per sperimentare le partenze brucianti e un po’ di frullamento di budella, dato che è da un po’ che non saliamo sulle montagne russe. Anzi, per Marco è la prima volta in tutta la vita: parte benissimo!
Già in botta di adrenalina ci fiondiamo su un’altra montagna russa, ma questa ci delude in pieno: lentissima, infatti c’era poca coda! Purtroppo però basta a mettere fuori uso Penny, che si ferma a tirar su la fantastica Cesar Salad del McDonald’s mangiata a pranzo.

Mentre lui cerca di riprendersi, io, Andrea e Marco facciamo un giro su altri due rollercoaster, molto belli davvero. L’ultimo, chiamato Mantis, ha la particolarità che si sta in piedi. Quando scendiamo siamo strafatti di adrenalina e corriamo tutti insieme a metterci in fila per il mitico Top Thrill Dragster.

Questo mostro di tubi d’acciaio e pistoni pneumatici è la seconda montagna russa più alta del mondo, infatti la sommità è a 128 metri. Mira a far rivivere l’esperienza di accelerazione di un dragster, in scala ridotta ovviamente, ma comunque dà una botta: 0-120 mph (192 km/h) in 4 seconi! Ogni vagone può contare sulla spinta di 10 mila cavalli. Praticamente parti a razzo, in un niente vieni proiettato verso il cielo, raggiungi una quota spaventosa, fai appena in tempo a raggiungere il cucuzzolo e poi giù, coli a picco verso il suolo. Il giro dura circa 20 secondi in totale, dal semaforo verde alla frenata.

Per arrivare al nostro turno ci mettiamo almeno 1 ora e mezza. Intanto l’adrenalina delle giostre di prima è già smontata e siamo intenti a difenderci dagli sciami di moscerini che nel frattempo hanno invaso la zona. Arrivati in prossimità della piattaforma per salire ai vagoni, l’attrazione subisce uno stop: problema tecnico non meglio specificato. Aspettiamo. Aspettiamo. Ancora. Ok, riparte. Ansia per i primi giri, sembra che ce la facciano al pelo a superare la salita.

Mentre ci sorbiamo gli ultimi metri di coda, un signore di New Orleans con il sesto figlioletto appresso ci allieta parlandoci del Grand Canion e delle escort di Las Vegas, condendo tutto con “BEST EVER” o “THE NUMBER ONE” e ampi gesti delle mani. Il tipo è un fuori totale ma almeno calma un po’ l’ansietta che sta salendo! Ok, è il nostro turno: io e Andrea primi del vagone, subito dietroMarco e Penni. Mi accorgo subito che spiattellati sul poggiatesta del sedili ci sono numerosi cadaveri di moscerini, col vuoto in corrispondenza della testa. Vabbè, allacciati le cinture, tratteniamo il respiro, si parte…. no! Problema tecnico, tutti giù da capo, ansia.

Quando finalmente riusciamo a partire beh… è una figata pazzesca. Penso di non aver mai provato una accelerazione simile, né una velocità così senza casco e col viso esposto ai moscerini. Tocchiamo le 120 miglia orarie in un niente, strizzo gli occhi ma non li chiudo perché nonostante il vento e i moscerini voglio vedere tutto! Uno spettacolo, soprattutto la discesa verso il vuoto e alla fine i capelli di Andrea (solo perché non ho visto i miei).

E ora, con le ghiandole surrenali strizzate a dovere, andiamo in cerca di un distributore automatico, un posto per mangiare per chi ha fame e poi un motel 6 da cui affiderò alla rete questo post e in cui potremo scrivere la parola “fine” a questa giornata densissima e divertentissima, senza alcuna malinconia dato che tra poche ore si riparte!

Ah, aggiornamento: a 4 miglia da motel il Penny si fa fermare dalla polizia di Pennysburg perché non stava precisamente nella corsia… primo della vacanza. Oggi proprio giornata densa fino alla fine. Ah, e niente connessione al motel…

‘nuff said