Oggi il giornale ha un prezzo nuovo
perché ha notizie più costose
più fresche e più narrate
o forse chissà perché viene l’estate
adesso un sagrestano cambia sesso
Woytila sfida la Calligaris
spaccio di droga alla stazione
c’è qualcuno che si imberta in tasca un milione
questo è ping pong
Rino Gaetano, “Ping Pong”

Rino GaetanoPing pong

Mi ero ripromesso di non scrivere una riga sul MacWorld che si svolgerà tra qualche giorno (vi rendete conto, non so nemmeno la data precisa, non l’ho voluta leggere), evitando anche di leggere il solito “ping pong” di notizie, un po’ perché sono impegnatissimo con l’università, un po’ perché ci saranno almeno 300 dirette da Twitter, 25 mila blog assortiti in Inglese e Italiano da cui seguire la diretta, miriadi di articoli di approfondimento di gente molto molto molto molto più informata di me. Cosa aggiungerebbe il mio post alla miriade di post scritti dagli altri? Niente, qualche byte sprecato sul server di Blogger, se si trattasse del classico post “rumors/diretta/presentazione-novità”.

Di che si tratta, invece? Di un’amara riflessione. Una riflessione che, spero, non si possa applicare al prossimo MacWorld.

Chi mi conosce, chi mi segue su questo blog, sa che io ho un’altra grande passione oltre a quella per la tecnologia: l’automobilismo. Ed è una passione decisamente viscerale, per questo non ho un blog sul mondo dell’auto, finirei per dar di matto. In compenso mi tengo sempre molto informato su quel che riguarda le quattro ruote, non solo sull’attualità, il mercato, la tecnica, ma anche su quel che riguarda la storia, le vicissitudini, l’evoluzione dei marchi.

Così posso raccontarvi cosa penso del settore automobilistico preso come esempio raffigurante più o meno tutti i settori della produzione di massa di beni “di consumo”. Fino a qualche tempo fa, diciamo una trentina o più di anni?, insomma, quando molti marchi cominciavano a farsi un nome, l’obiettivo principe dell’azienda era: vendere! E per vendere, la strada dai più intrapresa era la realizzazione di un prodotto il più possibile migliore di quello dei concorrenti, contenente vari contenuti “caratteristici” del marchio e tali da giustificare un certo prezzo di vendita e un certo ritorno d’immagine. È così che molti marchi europei si sono fatti un nome forte in alcuni campi, e una nomea in altri (spesso complementari tra competitori).

Cos’è cambiato in questi anni? Che l’obiettivo principe dell’azienda non è più realizzare il prodotto migliore, ma realizzare più utile possibile! E quando, in soldoni, l’azienda fa più utile possibile? Quando vende i propri prodotti ad un prezzo il più possibile superiore a quanto l’azienda ha speso per realizzare quel prodotto. E fin qui, a ben vedere, non c’è nulla di male, se il prodotto mantiene comunque un adeguato rapporto qualità/prezzo ok, altrimenti sarà il mercato a deciderne le sorti…. oppure no?

Purtroppo (per l’acquirente, ovviamente) però, spesso l’utile è realizzato con mezzi che non sempre favoriscono l’acquirente finale, anzi, e con meccanismi invisibili a chi non è del settore. È emblematico il caso di una Casa automobilistica europea, di cui non faccio il nome, ma che molti riconosceranno nella seguente descrizione della politica economica:

  • Risparmiare sulla produzione: ovvero spostare la produzione in paesi dove il lavoro costa meno (e fin qui, niente di male, o quasi)
  • Spingere tantissimo sul Marketing: questo comparto sta ormai divenendo quasi predominante su quello ingegneristico. È molto meglio realizzare un’auto con l’immagine di vettura sportiva piuttosto che realizzare VERAMENTE una vettura sportiva. Si tende quindi a creare una percezione del prodotto, a volte diversa da quello che il prodotto è, e si calcola il prezzo di vendita proprio su questa percezione.
  • Innovazione “specchietto per le allodole”: si investe in innovazioni a basso costo ma ad impatto mediatico elevato, così da poter guadagnare un altissimo ritorno d’immagine, che consente anche di vendere ad un prezzo superiore.
  • Risparmiare su materiali o forniture, adottandone di più “scadenti”, ma solo in quei campi dove la supremazia è scontata.
  • “Standardizzare” e “sinergizzare” il più possibile, a costo di dover realizzare prodotti di segmenti anche molto diversi sulla stessa base, oppure realizzando sinergie con altri marchi che hanno una filosofia completamente diversa da quella che l’acquirente percepisce.
  • Occupare tutte le nicchie del mercato e, in caso siano già tutte occupate, inventarsene di nuove per poterle occupare per primi (ovviamente ciò è possibile se vi è una massiccia “sinergia” con i prodotti dei settori meno di nicchia)

Con questa ricetta ci sono produttori che sono in grado di scalare le classifiche di vendita e di generazione di utile, anche molto in fretta. Questo guadagno, in qualche modo, è costruito sulle spalle dei consumatori spesso non consapevoli, e le lamentele di alcuni utenti affezionati al marchio (e per questo più consapevoli e critici), poco possono di fronte al più largo consenso già ottenuto.

Tutto ciò cosa ha a che fare con Apple e il MacWorld? Come potete vedere, Apple è straquotata in borsa, e questo anche grazie agli amplissimi margini di guadagno che realizza sui suoi prodotti. Apple è, tra l’altro, piena di liquidità, proprio grazie a questo. Apple è, in definitiva, l’archetipo di azienda che insegue l’utile. Che non è un male di per sé, tutto dipende dal modo in cui lo scopo viene raggiunto.

In definitiva, al MacWorld vorrei vedere un lato diverso della Apple degli ultimi tempi: più prodotto e meno marketing, più innovazioni “serie” e meno fumo negli occhi, molto ma molto più impegno nel miglioramento qualitativo e nel consolidamento della gamma già presente, piuttosto che l’ennesimo investimento in una gamma per settori di nicchia (vedi voci sul simil-FlyBook by Apple) esistenti o inventati che siano.

Detto ciò, auguro un buon MacWorld a tutti, ricco di sorprese e novità il più gradite possibile! A proposito, quand’è il keynote di Steve?

’nuff said

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